In un Paese pantofolaio e arruffone, avvezzo al compromesso e temprato al tradimento, non meraviglia l'idea di essere costretti a stipulare compromessi con la stato accentratore e imperialista. Ormai nulla è più quello che dovrebbe essere a partire dalle forze sociali, troppo spesso deboli e asservite alla logica dei potenti per interessi personali. Ridicolo parlare di comunismo così come di fascismo in un momento storico lontano anni luce da quei presupposti che consentirono la nascita delle due forme di dittatura. Cambia il colore ma non la logica prevaricatrice. Una società sana premia la libertà di pensiero, garantisce sicurezza ai cittadini, lavoro, istruzione e assistenza sanitaria. Tutte cose che sulla carta paghiamo già attraverso enormi oneri fiscali senza però goderne alcun beneficio. Nel corso degli anni ci hanno anestetizzato, convinti di poterci permettere tutto con la logica viscida dei finanziamenti. Il debito illude il proletariato, lo proietta in un falso benessere che giova solo ai potenti che stringendo le masse per le gonadi ne fanno quello che vogliono. Dov'è finita la cultura che avrebbe dovuto rendere liberi i figli di un modello classico ormai lontano miraggio.

Abbiamo al contrario preso il peggio da tutti i popoli che hanno calpestato la penisola, creduto nell'occidentalizzazione senza avere la possibilità di applicarne poi la politica produttiva. Basta osservare i giovani per capire: tutti uguali, stereotipati, dall'abbigliamento alla scelta di tatuaggi che non sono più arte in movimento ma desiderio di mostrarsi ad ogni costo nella massa, quasi ci fosse un grande fratello ad ogni angolo pronto a cambiare in un attimo la vita delle persone. Per non parlare di molti fenomeni artistici contemporanei, italiani ed internazionali: sovente provenienti da contesti discutibili si esibiscono con pessimo gusto mostrando fisicità esasperate e look degni da pellicole del calibro di "Fuga dal Bronx". I valori crollano e con essi il rispetto per la stessa vita. Le donne inseguono modelli, per dirlo alla napoletana, da "malessere", gli stessi figuri che da adolescenti non esitano ad armarsi e uccidere un coetaneo perché magari gli ha pestato le scarpe. In tal senso fiction e film hanno prodotto risultati devastanti trovando terreno fertile tra chi non era in grado di capirne il reale messaggio fermandosi solo all'apparenza chiassosa. D'altronde qualcuno in una pubblica intervista a difesa proprio di una nota fiction aveva risposto ad un giornalista di "venire in visita nell'hinterland di Napoli dove lo Stato non c'è e vedere come i ragazzi si fanno quattro risate su prodotti cinematografici che richiamano alla camorra vivendo realtà di grand lunga più spietate". Affermazioni agghiaccianti che avrebbero dovuto avere, ad umile parere dello scrivente, seguito nelle opportuni sedi giudiziarie ma così, tanto per cambiare, non è stato. Intanto 15enni continuano a morire ammazzati come boss nell'indifferenza generale, nell'assordante silenzio di chi crede che certe dinamiche non possano mai toccarlo direttamente.

 

Alfonso Maria Liguori