Un'ipotesi più che azzardata supportata dalle dichiarazioni di grossi pentiti della camorra come Pasquale Galasso, tra i capi della Nuova Famiglia e braccio destro del padrino Carmine Alfieri. Galasso, originario di Poggiomarino, sarebbe riuscito a stringere rapporti profondi con alti esponenti delle istituzioni, politici, maestri della massoneria e manager di primo piano. Un mosaico criminale perfetto talmente ben tessuto da essere praticamente indistruttibile a prescindere dagli arresti, dai sequestri e dalle eccellenti collaborazioni con gli inquirenti. In gioco tanti, troppi soldi e potere. Un fiume di denaro che scorrerebbe ancora sempre nelle stesse tasche accrescendo enormemente il potere di chi avrebbe ereditato gli imperi di mala. Quando parliamo di Pasquale Galasso tocchiamo i vertici della malavita campana (e non solo): interessi stratosferici in attività pseudo legali sparse ovunque sul territorio nazionale e all’estero, proventi delle attività illecite secondi solo a quelli di Cosa Nostra, rapporti diretti con Totò Riina negli anni in cui il padrino corleonese rappresentava il deus ex machina della mafia nel mondo. Parliamo di un volume di affari valutato all’epoca dell’arresto del boss di 1500 miliardi di lire distribuito in società immobiliari, finanziarie e turistiche.

Studente universitario brillante (a Galasso mancavano pochi esami per laurearsi in medicina), particolarmente caro al ras Carmine Alfieri, amante dell’antiquariato e delle opere d’arte, delle auto di lusso e della letteratura ma al tempo stesso criminale spietato e stratega finanziario della Nuova Famiglia.Una banca dati vivente che potrebbe aver guadagnato la propria “permanenza in vita” con l’omertoso silenzio in relazione ad alcune vicende scomode “per tutti”. Galasso esortato a rivelare l’identità di un grosso politico dal Presidente della Commissione Antimafia Luciano Violante rispose : “Il personaggio in questione è Gava. Se ne parlava spesso durante i summit. C’era poi un altro particolare eloquente che testimonia il livello di protezione offerto dal politico a Nuvoletta: a differenza di altre abitazioni di soggetti malavitosi di calibro anche minore, continuamente sottoposte a perquisizione da parte delle forze dell’ordine, quella di Nuvoletta veniva sistematicamente ‘ignorata’ consentendoci in più occasioni di cenare tranquilli all’interno della stessa in compagnia di altri boss”. 

 

Alfonso Maria Liguori