Gioco d’azzardo e camorra : realtà in continua crescita tra Napoli e l’hinterland. Un sistema perverso che porta il giocatore a indebitarsi oltre l’inverosimile costringendolo spesso a ricorrere agli usurai per continuare la sua morbosa abitudine . Intanto la famiglia, le amicizie il lavoro finiscono inesorabilmente con l’andare in malora : tanti ex onesti dipendenti di aziende anche importanti hanno perso il posto per il lassismo adottato in servizio o , spesso, per aver derubato i datori di lavoro per far fronte ai debiti contratti al gioco. Il sistema come una iena in agguato è pronto ad approfittarsi di questi individui schiavi del vizio prestando soldi ad interessi altissimi o costringendo le vittime a ripagare i prestiti con “favori” ai camorristi. Ed ecco che incensurati operai, impiegati, commercianti , professionisti si trasformano in pusher, porta ordini o custodi di armi e droga per i clan. Tra i sodalizi criminali partenopei particolarmente attivo nello strozzinaggio era quello dei Lo Russo, alias “i Capitoni di Miano”, una volta pezzi da 90 del sistema oggi collaboratori di giustizia.

Un business colossale quello dei prestiti a strozzo che avrebbe mandato rapidamente in rovina persone che godevano di un notevole patrimonio familiare. A proteggere ancora certa gentaglia lo spesso muro di omertà che complica enormemente il lavoro degli inquirenti. La vittima non riuscendo a smettere di giocare fa di tutto per nascondere i problemi economici in famiglia fino a che gli eventi poi precipitano inesorabilmente.Allora iniziano le minacce a parenti e amici stretti, le ritorsioni, i ricatti con il malcapitato che si sente sprofondare in un vortice senza fine. Al contrario occorre trovare la forza di denunciare gli aguzzini alle forze dell’ordine ammettendo con umiltà la propria dipendenza dal gioco. Percorsi rieducativi e terapie psicologiche mirate possono dare risultati sorprendenti sei il soggetto mostra reale volontà di uscire dal tunnel del gioco.

 

Alfonso Maria Liguori

 

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