Carmine Alfieri, detto anche “o’ ntufato” (l’arrabbiato) a causa del ghigno corrucciato che aveva impresso in viso, vissuto a Piazzolla di Nola (frazione dell’omonimo comune), sua roccaforte, è stato uno dei massimi esponenti della Camorra napoletana nel decennio a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Fu testimone diretto dell’uccisione del padre giurando atroce vendetta. Sin da giovane fu arrestato per detenzione abusiva di armi da fuoco, estorsione e lesioni. Nel 1974 ricevette dalla Camorra la consacrazione a “uomo d’onore”, primo passo di una carriera criminale che lo porterà, ad essere riconosciuto come uno dei più potenti e temuti boss, tra i primi, insieme al sodale Antonio Bardellino (col quale progetta e porta a compimento una delle più eclatanti carneficine di camorra: la Strage di Sant’Alessandro, che nel 1984, a Torre Annunziata, decima il clan Gionta), a conferire, grazie anche ad importanti agganci ed  influenze nel mondo politico e finanziario, un’impronta imprenditoriale alla criminalità organizzata in Campania. Nella seconda metà degli anni ottanta diede vita con altri clan dell’entroterra e della città ad una confederazione camorristica, nota con il nome di Nuova Famiglia, in contrapposizione alla NCO di Raffaele Cutolo. Divenuto collaboratore di giustizia si è dichiarato responsabile, direttamente e indirettamente, di circa centocinquanta omicidi, confessando insospettabili intrecci e protezioni a livello istituzionale, tirando in ballo uomini politici all’epoca assai in vista e chiarendo la posizione del suo braccio destro, Pasquale Galasso. 

Pasquale Galasso, l’ex boss pentito oggi rispettabile imprenditore nel settore alimentare (si parlerebbe di supermercati tra le tante attività gestite da Galasso), è indicato come il principale accusatore di Antonio Gava, leader indiscusso della Democrazia Cristiana e soprannominato “il vice re” per la rilevanza dei ruoli istituzionali ricoperti (eletto presidente della Provincia di Napoli nel 1960, onorevole nel ’72, nell’80 Ministro per i Rapporti con il Parlamento, 3 volte Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, Ministro delle Finanze e 2 volte Ministro dell’Interno). Vicino alla massoneria e, a detta di numerosi pentiti, in contatto con i servizi, Galasso continuerebbe a fornire dichiarazioni ai giudici in processi eccellenti di camorra. In molti ritengono che Galasso possa essere depositario di segreti rilevanti nei rapporti tra istituzioni deviate e criminalità organizzata e che la sua “salvezza” derivi proprio dalla capacità dello stesso di gestire adeguatamente tali informazioni. Oggi questa figura quasi epica della camorra potrebbe, nella legalità, muovere i fili di qualche burattino da inserire abilmente in alcune amministrazioni locali in quello stesso territorio che un tempo lo vide tra i capi assoluti della Nuova Famiglia. 

 

Alfonso Maria Liguori

 

 

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